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I 7 tipi di parto più diffusi

Oggi quando si parla di parto non si distingue più solo tra parto naturale e cesareo ma si utilizzano termini specifici come parto attivo, spontaneo o indotto, indolore con analgesia, in acqua, in ospedale ma anche a casa

Tipologie di partoAl di là delle preferenze personali di ogni donna, a determinare le modalità di un parto dovrebbe essere esclusivamente l’andamento del travaglio. Per questo è bene scegliere un punto nascita che garantisca la massima flessibilità e che offra alla futura mamma tutte le opzioni e gli strumenti oggi a disposizione. 

In questo articolo descriveremo in sintesi i 7 tipi di parto più diffusi. 

Cicogna nascita

PARTO ATTIVO E SPONTANEO

Un parto caratterizzato da libertà di iniziativa e di movimento per la donna, che ha il ruolo indiscusso della protagonista. 

Infatti, il parto cosiddetto attivo non può essere ricondotto ad una tecnica precisa.
Le ostetriche esercitano un ruolo “attivante”: lasciano che sia la donna a condurre il gioco e scegliere i movimenti. Si può quindi partorire in piedi, sdraiate, su un fianco, accovacciate o anche appoggiate al partner. A volte si possono utilizzare strumenti come la spalliera, lo sgabello olandese (usato per sostenere le donne in posizione accovacciata sia in travaglio che nella fase espulsiva), materassini, lettini, ecc. 

Le modalità del parto attivo, sostenute dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono state definite negli anni ’80 a Londra da Janet Balaskas, fondatrice dell’International Active Birth Movement, la cui sede italiana è stata creata nel 1985 a Modena da Piera Maghella. 

Tra i vantaggi del parto attivo citiamo la consapevolezza del proprio corpo, una migliore gestione del dolore, la riduzione dei tempi del travaglio e del rischio di lacerazioni spontanee, minor ricorso a manovre invasive e all’episiotomia, un recupero post partum più rapido. Non ci sono particolari controindicazioni in situazioni fisiologiche. 

Si può ricorrere al parto attivo anche nel caso di rottura delle acque.  

Ci deve rinunciare chi invece per particolari condizioni della gravidanza o di salute deve affrontare un parto cesareo programmato. 

Cicogna nascita

PARTO IN ACQUA

Il bimbo nasce scivolando dal liquido amniotico nell’acqua calda di una vasca. È una modalità di parto dolce che evita al bebè il trauma del passaggio dal pancione all’ambiente esterno. In genere permette alla mamma di controllare meglio paura e dolore, grazie all’immersione in un elemento rilassante come l’acqua. 

Solo quando il collo dell’utero raggiunge una dilatazione di 3-5 cm la donna si può immergere nella vasca. L’andamento del travaglio può essere monitorato con apparecchi che funzionano sott’acqua. 

L’uso dell’acqua è considerato sicuro, non presenta controindicazioni nel travaglio fisiologico e non è correlato a maggior rischio di infezione materno-fetale, neanche in caso di rottura prematura delle membrane. 

Non c’è alcun rischio di affogamento, in quanto il neonato inizia a respirare solo quando la sua pelle entra a contatto con l’aria grazie al principio del “diving reflex” (riflesso d’immersione). 

Ad oggi le evidenze scientifiche sul travaglio/parto in acqua sostengono l’immersione in acqua come metodo valido per il contenimento del dolore, ne riconoscono inoltre gli effetti sulla durata minore del travaglio (fase dilatante) e sulla riduzione di lacerazioni perineali di secondo grado. 

È invece un tipo di parto controindicato in caso di sospetta sofferenza fetale, parto prematuro, o anche in caso di parto gemellare o podalico. 

In ogni caso, le varie società scientifiche affermano che i benefici materni e perinatali e i rischi di questa scelta non sono stati ancora studiati sufficientemente né per supportare né per scoraggiare questo tipo di parto. 

Per approfondire l’argomento suggeriamo la lettura del best seller: “Manuale del parto in acqua. Guida pratica e completa all’uso dell’acqua durante la gravidanza, il parto e la prima infanzia” scritto proprio dalla fondatrice inglese del parto attivo Janet Balaskas insieme a Y. Gordon. 

Cicogna nascita

PARTO INDOLORE CON EPIDURALE

Chiamato anche partoanalgesia ha lo scopo di ridurre il dolore durante il travaglio. Consiste nella somministrazione di un farmaco analgesico tramite iniezione a livello della colonna vertebrale, all’altezza del tratto lombare. Dopo 20 minuti circa la donna percepisce una netta diminuzione del dolore, pur mantenendo la capacità di muoversi. Ovviamente l’anestesia deve essere ben dosata in modo da permettere alla donna di assecondare le spinte nella fase espulsiva. 

L’anestesia viene inserita tramite un catetere posizionato tra gli spazi vertebrali lombari. Il monitoraggio di pressione e cuore è continuo. Il travaglio avviene quindi “sotto controllo medico”. Potrebbero infatti rendersi necessarie nuove dosi di analgesico o altri farmaci, ad esempio l’ossitocina per stimolare le contrazioni dell’utero. 

Se si decide di ricorrere all’epidurale, bisogna sottoporsi almeno un mese prima del parto ad una visita con l’anestesista e ad esami del sangue mirati. In caso di alcune patologie o complicazioni della gravidanza il partoanelgesia non sarà praticabile. 

Infine, non tutti i punti nascita in Italia sono in grado di offrire questa modalità di parto. 

In conclusione, se da un lato l’epidurale diminuisce lo stress dell’evento, contribuendo al benessere materno-fetale, dall’altro può comportare alcune complicazioni come, ad esempio, la cefalea prolungata post partum o fastidiosi mal di schiena lombari, specie se l’analgesia non è stata eseguita correttamente. 

Cicogna nascita

PARTO INDOTTO

È un tipo di parto “medicalizzato” e avviene in seguito ad un travaglio stimolato artificialmente con sostanze chimiche (prostaglandine in gel o ossitocina via flebo) o manovre ostetriche per provocare contrazioni nel collo dell’utero. A volte si pratica l’amnioressi (ossia la rottura del sacco amniotico). 

Le contrazioni saranno più forti e più ravvicinate e quindi la donna viene tenuta sotto stretto controllo medico. 

Nel caso l’utero non risponda alla sollecitazione farmacologica si ricorre ad un parto cesareo. 

L'induzione del travaglio avviene dopo una valutazione che viene fatta dal medico sulla base del singolo caso. In generale, viene proposta: 

  • quando la gravidanza si è protratta oltre le 42 settimane, 
  • nel caso in cui si siano rotte le acque (membrane) da più di 24 ore, ma il travaglio non sia partito spontaneamente, 
  • se è emerso un rischio per la salute della madre e/o del bambino, ad esempio se si è ridotta la quantità del liquido amniotico, se c'è stato un aggravamento del diabete o dell'ipertensione della madre oppure un ritardo di crescita del bambino, ecc. 

Come tutte le procedure mediche anche l'induzione artificiale del travaglio può comportare dei rischi. Intanto non sempre funziona. In 1 caso su 4 il travaglio non parte e occorre il parto cesareo. Inoltre, durante il travaglio indotto il bambino potrebbe avere un rallentamento del battito cardiaco. Infine, ci potrebbe essere un maggior rischio di perdite di sangue post partum. 

Cicogna nascita

PARTO CESAREO

Deve il nome proprio a Giulio Cesare, che sarebbe nato da un’incisione chirurgica della parete addominale e dell’utero. 

Il parto cesareo può essere “d’elezione”, ovvero programmato per malattie materne o fetali come l’ipertensione, o “d’urgenza”, ossia deciso durante il travaglio nel caso sopraggiungano complicazioni, come ad esempio il bambino si trovi in una posizione anomala. 

L’anestesia è spinale e determina la completa perdita di sensibilità e motilità degli arti inferiori, ma a volte può essere necessaria un’anestesia totale. 

L’incisione chirurgica è di tipo trasversale sull’addome, appena sopra il pube. 

Una volta estratto il bambino viene mostrato alla mamma, che resta in sala operatoria fino a quando la ferita non viene suturata. 

Nel post partum la mamma resta a letto per un breve periodo con un catetere vescicale, ha dolore alla ferita e le vengono somministrati antibiotici e antidolorifici tramite flebo. 

I rischi di un parto cesareo sono 3-4 volte maggiori rispetto ad un parto naturale e l’OMS consiglia di limitare il suo impiego al 15-20% dei casi. In Italia si conferma un ricorso eccessivo al parto cesareo. In media, nel 2021 il 31,2% dei parti è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali e picchi di cesarei al Sud (Rapporto CEDAP). 

Cicogna nascita

PARTO OPERATIVO

In questa modalità di parto il medico ricorre nella fase espulsiva a strumenti specifici che servono a facilitare la nascita altrimenti difficoltosa. Parliamo dei parti effettuati mediante forcipe o ventosa o attraverso manovre mediche come quella di Kristeller, che consiste nella spinta del pancione della donna per favorire l’uscita del neonato. 

Il forcipe oggi non è quasi più utilizzato a vantaggio della ventosa che aderisce meglio alla testa del piccolo favorendo una trazione morbida. Anche la manovra di Kristeller viene usata sempre di meno in quanto può comportare il rischio di rottura dell’utero per la mamma e stress respiratorio per il bambino. 

Questi interventi si praticano in sala parto quando la dilatazione è completata e la testolina del bambino è già posizionata in basso nel canale del parto. Questo parto implica l’episiotomia o taglio del perineo. 

Il parto operativo può essere una soluzione nel caso in cui le contrazioni diventano meno efficaci (fase espulsiva prolungata o epidurale troppo intensa) e la testa del bambino affiora dalla vagina ma non riesce ancora ad uscire. 

Dopo la nascita la donna avvertirà fastidio o bruciore nella zona perineale e stare seduta risulterà doloroso. 

Il bambino presenta spesso un gonfiore nel punto di applicazione dello strumento, che scomparirà dopo qualche giorno. 

Le evidenze scientifiche mostrano che si riduce il ricorso ai parti operativi grazie ad un’assistenza ostetrica attenta al sostegno attivo della donna durante il travaglio (assistenza one to one). 

Cicogna nascita

PARTO IN CASA

Parliamo del parto naturale per eccellenza, senza intervento medico. Tutto avviene tra le mura domestiche con la sola assistenza dell’ostetrica.  

Le donne che scelgono di partorire in casa non amano l’ospedale e desiderano vivere il parto in un’ambiente familiare. 

Normalmente partoriscono in casa donne sane e in buona salute, definite “a basso rischio” e il bambino deve essere in posizione cefalica.  

Partorire in casa è una alternativa sicura, un diritto sancito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, nell’ambito della libertà di scelta sulla propria salute. 

Anche se oggi sono ancora poche le ASL che offrono questo servizio gratuitamente o le regioni che ne prevedono il rimborso. 

In ogni caso, la futura mamma dovrà scegliere un’ostetrica di fiducia esperta in parto extraospedaliero. Circa 15 giorni prima del parto dovrà predisporre tutto il necessario e le ostetriche dovranno essere reperibili 24 ore su 24. In caso di complicazioni, l’ospedale più vicino non deve distare più di mezz’ora di auto. 

Nel post partum la mamma potrà sempre contare sull’assistenza ostetrica almeno per 10 giorni dopo la nascita. L’ostetrica favorirà anche un buon avvio dell’allattamento. 

Il piccolo sarà invece visitato a casa dal pediatra entro 12 ore dalla nascita. 

Negli ultimi tempi sono nate anche le case maternità, ovvero appartamenti gestiti da associazioni di ostetriche, dove si può partorire in un ambiente simile a quello domestico. 

 

Fonti: 

  • https://mipaonline.com/  
  • https://www.nurse24.it/ostetrica/parto/ 
  • https://www.saperidoc.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1439 
  • https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=107895 
  • http://www.nascereacasa.it/


Data di pubblicazione: settembre 2023